II NON. NOV. (4) C – XIV KAL. DEC. (17) C

Ludi Plebei

Secondo Cicerone sarebbero stati fondati all’epoca di Numa [Cic. Orat. III, 19, 73], mentre per lo Pseudo Asconio, scholiaste di Cicerone, sarebbero stati istituiti dopo la cacciata dei re, oppure, con maggior verosimiglianza, in seguito alla riconciliazione tra patrizi e plebei [PsAsc. Schol. ad Cic. Ver. I pg 143 Or.] che seguì la secessione sull’Aventino (449 aev.); dopo questo evento, con la promulgazione delle leggi Valerie-Horatie [Liv. III, 55] furono anche istituiti gli aediles plebei che ebbero sempre la cura di questa celebrazione, si sarebbe così avuta l’istituzione della festività in concomitanza con quella dei magistrati ad essa preposti. Continua a leggere II NON. NOV. (4) C – XIV KAL. DEC. (17) C

VII KAL. NOV.  (26) C – KAL. NOV. (1) C

Ludi Victoriae Sullanae

All’inizio erano definiti solo Ludi Victoriae, in seguito furono indicati come Victoriae Sullanae per distinguerli dai Ludi Victoriae Cesaris. Furono indetti la prima volta nell’81 aev per celebrare la vittoria di Silla sui Sanniti alla Porta Collina ed erano organizzati dai pretori.

Culminavano coi circenses delle Kal. Nov. L’anniversario della battaglia. Continua a leggere VII KAL. NOV.  (26) C – KAL. NOV. (1) C

II NON. SEPT. (4) C – XII KAL. OCT. (19) C

Ludi Romani

I Ludi Romani o Magni erano la principale manifestazione di questo genere fissata nel calendario. Erano indetti in onore di Giove [Fest. 122]. Secondo la tradizione storiografica, furono fondati da Tarquinio Prisco in occasione della conquista della città di Apiolae [Liv. I, 35, 9], oppure nel primo secolo della Repubblica, dopo la vittoria del Lago Regillo sui Latini [Dion. H. VII, 71; Cic. Div. I, 26, 55], ma è più probabile che siano stati istituiti nel primo anno dopo la cacciata dei re, in occasione della dedica del tempio di Giove Ottimo Massimo, alle Eid. Sept. del 509 aev. e che all’origine si svolgessero solo in questo giorno. Secondo la tradizione riportata da Livio, fu in occasione dei primi Ludi voluti da Tarquinio Prisco, che furono innalzate le prime strutture permanenti nel Circo Massimo, affinchè i cittadini potessero assistere alle gare ippiche [Liv. I, 35, 9]. Continua a leggere II NON. SEPT. (4) C – XII KAL. OCT. (19) C

II NON.  QUINCT.  (6) N – III EID. QUINCT. (13) C

Ludi Apollinares

I Ludi in onore di Apollo furono introdotti a Roma nel 212 aev. nel pieno della guerra contro Annibale, in quell’anno furono scoperte delle profezie scritte dal vate romano Marcio: una prevedeva la sconfitta di Canne, l’altra affermava che, se i Romani avessero voluto scacciare i nemici che erano giunti da lontano, avrebbero dovuto istituire dei giochi in onore di Apollo, da celebrare ogni anno

… Romani, se volete cacciar via i nemici, tumore giunto da lontano, penso che voi dobbiate far voto ad Apollo di istituire dei giochi, da celebrare gioiosamente ogni anno in onore di Apollo; ad essi, in parte contribuisca il popolo con denaro dell’erario, in parte contribuiscano i privati per loro e per le loro famiglie. La celebrazione di quei giochi sarà presieduta dal pretore che eserciterà al più alto grado, la giustizia per la cittadinanza e per la plebe. I decemviri celebrino i riti sacrificando vittime secondo il rito greco. Se così, correttamente, agirete, ne trarrete gioia per sempre e la vostra sorte andrà sempre migliorando. Infatti quel Dio che gioisce nel fecondare i vostri campi, distruggerà i vostri nemici… [Liv. XXV, 12] Continua a leggere II NON.  QUINCT.  (6) N – III EID. QUINCT. (13) C

V NON. (3) C

Florae [in Colle Quirinali]

Ludi Florales Finis

All’ultimo giorno dei Ludi Florales, il calendario venusino, riporta la dicitura Florae, che probabilmente rimanda all’anniversario della dedica del tempio di Flora sul Colle Quirinale. Non si conosce la data della sua edificazione, tuttavia si ritiene che sia avvenuta all’inizio del III sec. aev. Continua a leggere V NON. (3) C

III KAL.  MAJ. – V NON. MAJ.

Floralia

Flora era una divinità italica connessa alla fioritura delle piante e al riempirsi delle spighe dei cereali

… la Dea Flora [sorveglia] i frumenti quando sono in fiore… [August. C. D. IV, 8]

La sua azione era connessa, quindi, con quella di Cerere e contribuiva alla ricchezza dei raccolti [Ov. Fast. V, 261 – 66] e forse, il più antico rito ad essa associato era il Florifertum, durante il quale delle spighe erano portate in un sacrarium e lì offerte [Fest. 91]; Continua a leggere III KAL.  MAJ. – V NON. MAJ.

PRID. APR.  (12) N – XII KAL. MAJ. (19) N

Ludi Cereales

La prima attestazione dello svolgimento di questi giochi è in Livio e si riferisce al 202 aev. [Liv. XXX, 29], tuttavia una moneta dell’edile Memmius, sembrerebbe attestare che fossero già celebrati nel 211 aev . Essi erano a cura degli edili plebei [Cic. Ver. V, 14, 36] e, durante il loro svolgimento, i plebei erano soliti scambiarsi inviti a pranzo, così come facevano i patrizi durante i Ludi Megalenses [Gell. XVIII, 2, 11].

Comprendevano ludi circenses [Ov. Fast. IV, 709 – 12; Tac. Ann. XV, 53, 1; 74, 1] e ludi scoenici [Liv. XXX, 39, 8; Cyp. Spect. IV, 4]

Si indossavano vesti bianche e non era consentito indossare abiti luttuosi [Ov. Fast. IV, 619 – 20]. Alla Dea non si offrivano sacrifici cruenti, esclusa la scrofa (victima propria della Dea), ma: incenso, farro, o mola salsa, torce resinose (taeda), sui focolari domestici [Ov. Fast. IV, 407 – 14]

 

Ludi Cereales

The first evidence of these Ludi is Livius and refers to 202 BCE [Liv. XXX, 29], but a coin belonging to Memmius, edilis, would seem to attest them already in 211 BCE. They were organized by the aediles plebeii [Cic. Ver. V, 14, 36] and, during them, plebeians were used to exchange invitations to dinner, as did the patricians during the Ludi Megalenses [Gell. XVIII, 2, 11].

They included ludi circenses [Ov. Fast. IV, 709-12; Tac. Ann. XV, 53, 1; 74, 1] and ludi scoenici [Liv. XXX, 39, 8; Cyp. Spect. IV, 4]

People wore white robes and mournful clothes were not allowed [Ov. Fast. IV, 619-20]. The Goddess not received bloody sacrifices, (excluding sows victima propria for Cereris), but: incense, spelled, or mola salsa, resinous torches (taeda), on domestic hearths [Ov. Fast. IV, 407-14]

 

Picture

  1. Memmius, about 56 BC. Denarius. AR 3.70 g. C. MEMMI. C.F. – QVIRINVS Laureate, bearded head r. of Quirinus. Rev. MEMMIVS. / AED. CERIALIA FECIT Ceres, wearing long dress, seated r. on stool, holding corn-ears in her r. hand, torch with her l. hand; at feet, serpent erect r. Cr. 427/2. Syd. 921.

II NON.  APR.  (4) C – IV EID. APR. (10) N

Matri Magnae

Ludi Megalesiaci

Durante la Seconda Guerra Punica, le truppe cartaginesi di Annibale occupavano il territorio italiano, in seguito alla consultazione dei Libri Sibillini, fu trovata una profezia che secondo la quale un nemico che avesse portato la guerra nelle terre d’Italia, avrebbe potuto essere sconfitto e scacciato se fosse stata fatta venire a Roma la Grande Madre Idea [Liv. XXIX, 10, 5] (identificata con Rhea, sposa di Kronos e con la Dea frigia Cibele). La profezia fu confermata anche da un responso dell’oracolo di Delfi, quindi, nel 204 a. c. a seguito di una serie di presagi (come la caduta di pietre dal cielo), i Romani inviarono un’ambasciata in Frigia per chiedere di poter trasferire il simulacro della Dea (una pietra nera di forma appuntita) dal santuario di Pessinunte alla loro città [Liv. XXIX, 10; Cic. Har. Resp. XIII, 27; Ov. Fast. IV, 171 segg; Var. L. L. VI, 15; Diod. Sic. XXXV, 33; Herod. I, 11; App. Hann. VII, 9, 56].

Il simulacro della Dea, una pietra caduta dal cielo [Diod. Sic. XXXV, 33], fu trasferito in nave fino al porto di Ostia, lì fu accolto dai sacerdoti, dalle vestali, dalle matrone. Secondo la tradizione qui una di esse [Liv. XXIX, 14, 12], di nome Claudia Quinta, della gens Claudia, che i pettegolezzi accusavano di infedeltà coniugale [App. Hann. VII, 9, 56], si sottopose al giudizio della Dea: dopo essersi purificata con l’acqua del Tevere per tre volte ed aver invocato gli Dei, si prostrò in atteggiamento supplice e chiese a Cibele di confermare la sua castitas. A questo punto prese la gomena che fermava la nave che portava la Dea e la trasse lungo il Tevere senza sforzo, così la Dea diede il suo giudizio positivo sulla donna [Ov. Fast. IV, 305 – 328; Sil. It. XVII, 23 segg.]. Secondo un’altra versione la nave che portava la Dea si fermò alla foce del Tevere e non ci fu alcun modo di muoverla e condurla verso Roma, allora una vestale accusata di aver violato la castità pregò la Dea di seguirla se fosse stata ancora pura; quindi legarono una fune alla prua della nave e la donna riuscì a tirarla facilmente lungo il fiume [Herod. I, 11; Sen. Matrim. Fr. 80; Suet. Tib. II; Tac. Ann. IV, 64; Plin. Nat. Hist. VII, 35, 120]. Questo aneddoto era molto noto e sembra anche oggetto di opere teatrali [Ov. Fast. IV, 326]; versioni più tarde tramandano che Claudia fu scelta per andare a ricevere la Dea perché ritenuta donna di grande virtù, ella allora legò la propria cintura alla prua della nave e la trascinò miracolosamente da sola [Lact. Inst. II, 7, 12; Tert. Apol. XXII; Macr. Sat. II, 5, 4; August. C. D. X, 16; Aurel. Vict. De Vir. Ill. XLVI; Claudian. Laus Ser. 17]. In seguito, per commemorare l’episodio, una statua in bronzo di Claudia Quinta che tirava la nave della Dea fu collocata nel tempio [Val. Max. I, 8, 11; Tac. Ann. IV, 64, 3].

Dopo aver condotta la nave inghirlandata lungo un tratto del Tevere, un flamine prese la pietra che rappresentava Cibele e la consegnò, dopo il compimento di opportuni riti (Ovidio menziona la lavatio del simulacro e degli oggetti sacri ed il sacrificio di una giumenta mai sottoposta al giogo [Ov. Fast. IV, 334 – 340]), alle matrone. Le donne la passarono di mano in mano andando in processione fino a Roma, nel frattempo la cittadinanza intera si fece loro incontro e furono disposti tripodi che bruciavano incenso vicino alle porte da cui passarono. Infine fu provvisoriamente deposta nel tempio di Vittoria sul Palatino [Liv. XXIX, 14; Ov. Fast. IV, 293 segg]; il tempio di Cibele fu dedicato sempre sul Palatino nel 191 a. c. [Liv. XXXVI, 36]

In ricordo dell’arrivo della Dea a Roma, ogni anno si svolgeva una lavatio rituale degli oggetti a Lei sacri [August. C. D. II, 4] e venivano celebrati dei giochi detti Ludi Megalesiaci, poiché in consacrati alla Grande Madre Idea degli Dei, chiamata anche Dea Megale [CIL I, 1, 390]; in origine scenici [Liv. XXXIV, 54] e organizzati dagli edili curuli (Figura 51) (il che ne dimostra il carattere aristocratico), in seguito anche circensi [CIL I, 1, 391] ed organizzati dai pretori [Dion. H. II, 19, 3]; duravano sette giorni dal 4° al 10° di Aprilis e dapprima si svolsero sul Palatino, nei pressi del tempio della Grande Dea [Cic. De Har. Resp. XII, 24], dove per l’occasione era allestito un teatro di legno. I resti del podio del tempio ricostruito in età augustea mostrano una scalinata che scendeva verso il Circo Massimo e che poteva essere usata da un piccolo gruppo di persone, per assistere ai ludi circensi. In quest’occasione furono rappresentate alcune opere di Terenzio e commedie di Plauto, nonché mimi di carattere osceno, forse connessi ai misteri della Dea e al mito di Attis [August. cit.; Arn. Adv. Nat. VII, 33].

Durante i festeggiamenti in Suo onore si svolgevano sacrifici di giovenche [Ov. Fast. IV, 316], compiuti dal pretore urbano [Dion. H. II, 19, 4] (secondo il rito romano secondo Dionigi, ma non è da escludere che si trattasse di quello greco ), accompagnati da un lectisternium; venivano anche deposte, sulla statua della Dea, le primizie della mietitura [Var. Sat. Men. Eumen 134 Fr 18].

Alla Grande Dea si offriva una focaccia fatta di erbe pestate in un mortaio con formaggio, sale, olio e aceto chiamata moretum [Ov. Fast. IV, 367 – 368]. Durante il periodo dei festeggiamenti per Cibele, i patrizi erano soliti scambiarsi inviti a banchetto che erano detti mutationes [CIL. I, 1, 390; Gell. XVIII, 2, 11]: sembra che fossero estremamente sfarzosi, tanto che una legge promulgata dal senato nel 161 aev limitò le spese per imbandirli a 120 assi e la quantità i argenteria da poter sfoggiare, a 100 libbre [Gell. II, 24, 2].

 

Matri Magnae

Ludi Megalesiaci

During the Second Punic War, the Carthaginian Hannibal’s troops occupied the Italian territory, following consultation of the Sibylline Books, a prophecy was found saying that an enemy who had brought the war in the lands of Italy, could have been defeated and driven off if the Great Mother Idea would be come to Rome [Liv. XXIX, 10, 5]. The prophecy was confirmed by a Delphi oracle, therefore, in 204. c. following a series of omina, the Romans sent an embassy in Phrygia asking to transfer the image of the Goddess (a pointed shape black stone) from Pessinus shrine to their city [ Liv. XXIX, 10; Cic. Har. Resp. XIII, 27; Ov. Fast. IV, 171 ff; Var. L. L. VI, 15; Diod. Sic. XXXV, 33; Herod. I, 11; App. Hann. VII, 9, 56].

The image of the Goddess, a stone fallen from the sky [Diod. Sic. XXXV, 33], was transferred by ship to the port of Ostia, there it was received by the priests, the Vestals, and the matrons. According to tradition one of them [Liv. XXIX, 14, 12], named Claudia Quinta, belonging to the Claudia gens, accused of marital infidelity [App. Hann. VII, 9, 56], submitted herself to the Goddess judgment: after being purified with the water of the Tiber three times and having invoked the Gods in suppliant attitude, she asked Cybele to confirm her castitas. She took the hawser that stopped the Goddess ship and pulled along the Tiber without effort, so the Goddess gave her positive opinion on the woman [Ov. Fast. IV, 305-328; Sil. En. XVII, 23 et seq.]. According to another version, the ship stood at the mouth of the Tiber, and there was no way to move it, so a vestal charged with breaking chastity prayed the Goddess to follow her if she was still pure; the woman was able to pull the ship easily along the river [Herod. I, 11; Sen. Matrim. Fr. 80; Suet. Tib. II; Tac. Ann. IV, 64; Plin. Nat. Hist. VII, 35, 120]. This story was very well known and it seems the subject of plays [Ov. Fast. IV, 326]; later handed down versions that Claudia was chosen to go to receive the Goddess because it was deemed a great virtue woman, she then tied his belt around the bow of the ship and dragged it miraculously alone [Lact. Inst. II, 7, 12; Tert. Apol. XXII; Macr. Sat. II, 5, 4; August. C. D. X, 16; Aurel. Vict. De Vir. Ill. XLVI; Claudian. Laus Ser. 17]. To commemorate the episode, a bronze statue of Claudia Quinta pulling the Goddess ship was placed in the temple [Val. Max. I, 8, 11; Tac. Ann. IV, 64, 3].

Having conducted the garlanded the ship along a stretch of the Tiber, a flamine took the stone that represented Cybele and gave, after completion of appropriate rites (Ovid mentions the washhouse of the statue and the sacred objects and the sacrifice of a mare never submitted to yoke [Ov. Fast. IV, 334-340]), to the matrons. The women passed from hand to hand going in procession to Rome, in the meantime the whole town met them and were willing tripods burning incense near the ports from which they passed. Finally it was provisionally placed in the temple of Victory on the Palatine [Liv. XXIX, 14; Ov. Fast. IV, 293 ff]; the temple of Cybele was always paid on the Palatine in 191 a. c. [Liv. XXXVI, 36]

To commemorate the arrival of the Goddess in Rome, each year he spent a lavatio ritual objects sacred to you [August. C. D. II, 4] and were celebrated of those Megalesiaci Ludi games, because in consecrated to the Great Mother Idea of ​​the Gods, also called Goddess Megale [CIL I, 1, 390]; in the scenic origin [Liv. XXXIV, 54], and organized by the curule aediles (Figure 51) (which demonstrates the aristocratic character), later also circus [CIL I, 1, 391] and organized by magistrates [Dion. H. II, 19, 3]; It lasted seven days from the 4th to the 10th of Aprilis and at first took place on the Palatine, near the temple of the Great Goddess [Cic. De Har. Resp. XII, 24], where the opportunity was set up a wooden theater. The remains of the podium of the temple rebuilt in the Augustan period show a staircase leading down to the Circus Maximus, and that could be used by a small group of people, to attend the circus games. On this occasion they were represented some works of Terence and Plautus, and mimes obscene, perhaps related to the Goddess and the Attis myth [August. cit .; Arn. Adv. Nat. VII, 33].

During the festivities in Her honor heifers sacrifices were held [Ov. Fast. IV, 316], made by the urban magistrate [Dion. H. II, 19, 4], accompanied by a lectisternium; first fruits of the harvest were offered to the Goddess [Var. Sat. Men. Eumen 134 Fr 18], as well as a cake made of herbs pounded in a mortar with cheese, salt, oil and vinegar called moretum [Ov. Fast. IV, 367-368]. During the celebrations for Cybele, the patricians were used to exchange a banquet invitations called mutationes [CIL. I, 1, 390; Gell. XVIII, 2, 11]: it seems that they were extremely gorgeous, so much so that a law enacted by the Senate in 161 BCE limited expenses imbandirli to 120 axes and amount can show off the silverware, 100 pounds [Gell. II, 24, 2].

 

Picture

Claudia Quinta pulling Cybele ship, brass medallion struck in honour of the elder Faustina